La festa mondiale delle api

Il futuro del cibo
nelle “zampette”
delle nostre amiche!

Riportiamo un articolo del Corriere:
La festa mondiale delle api celebra il rispetto per gli insetti cui è affidato il futuro del cibo.
Mangeremo cavallette? Prima di arrivarci, dovremmo preoccuparci di tutelare gli impollinatori che garantiscono, dice la Fao, il 71% delle colture più importanti a livello globale per il consumo umano. Per la metà sono api: senza di loro sparirebbe il 35% delle specie vegetali commestibili. di Luca Zanini

Il futuro del cibo è nella cucina degli insetti? Forse, ma prima ancora di nutrirci di formiche e cavallette dovremmo preoccuparci di proteggere quegli insetti che garantiscono la sopravvivenza dei nostri sistemi di produzione agricola. Per questo due anni fa, su richiesta della Slovenia, i delegati dell’Assemblea Generale dell’Onu hanno scelto di proclamare il 20 maggio Giornata Mondiale delle Api. Da allora, non molto è stato fatto per salvare l’Apis mellifera e le altre specie messe in pericolo dall’uomo; ma quel che è stato fatto ha iniziato a formare una coscienza collettiva, un movimento inn difesa delle api, e il risultato è che oggi si festeggia non solo nelle campagne ma anche in molte grandi città, dove da qualche anno si vanno diffondendo gli «alveari urbani». Dopo New York, Parigi, Londra, Oslo, Berlino, Tokyo e Torino, le arnie stanno arrivando anche sui tetti di Milano. D’altronde il World Bee Day è nato in contemporanea con l’Expo 2015 nel capoluogo lombardo, dove la Gran Bretagna aveva portato un innovativo padiglione tutto centrato sulla tutela delle api. E a distanza di due anni, pochi giorni fa, il partito laburista inglese ha presentato — in vista delle elezioni politiche del prossimo 8 giugno — un Manifesto politico-sociale che, tra i vari temi, include anche un capitolo dedicato alla tutela dei laboriosi insetti che, secondo tutti i biologi ed esperti di ambiente, rappresentano la cartina tornasole dello stato di salute del Pianeta. Le api sono le garanti biodiversità: senza di loro scomparirebbe il 35% dei prodotti agrari nel mondo.

Spariti il 51% degli impollinatori

Pesticidi chimici utilizzati in agricoltura e la diffusione di un parassita e di un predatore avevano decimato gli sciami già nel 2014. Negli ultimi due anni e mezzo non è andata meglio. «Se vi chiedete perché le api siano finite nel Manifesto dei Labour — scrive The Guardian (leggete sfiorando l’icona blu) — la risposta sta nei numeri: dal 1900 circa 20 specie di api si sono estinte nel Regno Unito e altre 35 sono attualmente a rischio. Secondo il Dipartimento per l’Ambiente, gli Alimenti e gli Affari rurali, tra il 1980 e il 2010 il 51% delle specie di impollinatori — comprese tutte le specie d’api e le vespe — è diventato meno diffuso, con una riduzione della popolazione del 36%». Le minacce alla diversità delle popolazioni di api includono il cambiamento climatico, la scomparsa del loro habitat e l’uso di pesticidi a base di neonicotinoidi. Sul loro utilizzo in agricoltura, l’Ue ha imposto una parziale moratoria dal 2013 che riguarda tre prodotti: Imidacloprid e Clothianidin (prodotti dalla Bayer ) e Thiamethoxam (prodotto da Syngenta).

Italia unica al mondo: 37 varietà di mieli

Anche in Italia ci si preoccupa per la sorte delle api, perché il Belpaese è unico al mondo: ben 30 varietà diverse di miele monoflora, cui si affiancano 7 «millefiori» che dalle Alpi alla macchia mediterranea sono così caratteristici da essere parificati ai monoflora. Non bastasse, il nostro Paese è considerato tra i più importanti allevatori di api regine. Per celebrare il Bee Day, a Milano si torna a parlare del progetto Alveari Urbani (presentato da Green Island in occasione di Expo 2015) che già due anni fa aveva prospettato l’installazione di arnie per produrre miele in città sui tetti del Politecnico di Milano, di Palazzo Marino e nell’Orto Botanico Universitario di Milano. Per la prima volta, poi, quest’anno le api impollinatrici italiane sono andate in trasferta «volando» a New York, invitate speciali della quarta edizione di New York Design Week (17-23 maggio), con un progetto inedito di «Street Sweet Food», dove il primo Honey bar Kiosk della Grande Mela — un chiosco mobile per servire miele — porta la firma di un gruppo di designer italiani. Ma l’apripista è stata Torino con il progetto UrBees: il primo in Italia a portare le api in città; seguito poi da progetti di nuovi apicoltori urbani a Napoli, Bologna, Roma e Palermo. Per diventare apicoltori in città basta un investimento di 300 euro. Prima di acquistate arnie e api, però, occorre ricordare che per legge, in Italia, serve l’autorizzazione delle autorità competenti: ottenuto l’ok, l’arnia può essere installata «a 5 metri dal confine di una proprietà, e a 10 da una strada pubblica». In Gran Bretagna, dove l’«urban beekeping» è di moda, si contano oltre 2 mila arnie nella sola Londra.

A rischio colture per 235-577 miliardi di dollari

Secondo la Fao, l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura delle Nazioni Unite (leggi sfiorando l’icona blu), il 71% delle colture più importanti a livello globale per consumo umano vengono impollinate dalle api e dagli altri insetti impollinatori, come mosche, farfalle e bombi. Il valore annuo di queste colture nel mondo dipendenti dagli impollinatori varia tra i 235 e i 577 miliardi di dollari. In sostanza ben il 35% della produzione di cibo a livello mondiale dipende dal lavoro di impollinazione. Se api e altri insetti continueranno a diminuire, potremmo presto non trovare più molti alimenti oggi presenti sulle nostre tavole. Più in generale, in un monitoraggio sullo stato della biodiversità presentato dal Wwf nel dicembre 2012, si rilevava come già allora fossero 176 le specie scomparse dal nostro Paese, mentre 791 sarebbero a rischio.

 

«To be(e) or not to be(e)»

«To be(e) or not to be(e)» è il gioco di parole sulla nota battuta dell’Amleto di Shakespeare che gli esperti di api nel mondo usano per riassumere il rischio ambientale legato alla scomparsa degli insetti: «Api o non api» sottolinea l’urgenza di affrontare le sfide poste dal declino della popolazione mondiale di api. «Sfide che influiscono sul mondo intero, anche se con diverso grado di importanza — scrivono gli apicoltori sloveni che hanno chiesto e ottenuto, insieme a quelli britannici e con l’ok di altri 53 Paesi (sfiora l’icona blu per leggere), una Giornata dell’Onu dedicata alle api —: dalla produzione di prodotti alimentari sostenibili e sufficienti, all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla diminuzione delle risorse naturali, quali i terreni seminativi, all’approvvigionamento idrico». Occorre anzitutto incrementare i divieti contro l’uso di antiparassitari che penetrano nel polline e nel nettare: quelli che poi, ingeriti dalle api, possono attaccarne il sistema nervoso e provocarne la morte, ma anche bloccarne il volo e la riproduzione.

La presunta «profezia delle api» di Einstein

Sulla stampa specializzata da anni si polemizza sull’attribuzione ad Albert Einstein della «profezia delle api». Ma il fatto che il grande fisico e premio Nobel non abbia mai pronunciato la frase «Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero soltanto 4 anni di vita» non toglie veridicità all’asserzione. Perché davvero, se le api mellifere scomparissero, con loro se ne andrebbero migliaia di specie vegetali. Le api sono responsabili di almeno il 50% della catena dell’impollinazione, sono fondamentali nella catena alimentare. Senza il loro apporto le piante si riprodurrebbero in modo drasticamente più lento: potrebbe entrare in crisi la produzione di foraggio per animali, ma anche quella di graminacee e frutti. Dunque le api sono un importante e straordinariamente sensibile «indicatore ambientale» e il fatto che la produzione di miele in Italia sia stata gravemente compromessa anche dall’avvelenamento di migliaia di famiglie di api la dice lunga sullo stato dell’ambiente nelle nostre campagne. Ma a rischio, a causa dei neonicotinoidi sono anche altre specie impollinatrici come bombi, farfalle e insetti acquatici (leggi sfiorando l’icona blu)

Bottinatrici spacciate un’ora dopo la semina

La questione dei «veleni» usati in agricoltura è nota da oltre un decennio. Un esperimento condotto nel 2010 ha verificato gli effetti su api catturate successivamente all’inizio della semina con semi trattati con neonicotinoidi: rilevando una mortalità del 100% entro le 24 ore, ma per alcune api bottinatrici già dopo un’ora dalla fine della semina. Le maggiori associazioni italiane di settore — Conapi, Fai e Unaapi — hanno chiesto al governo provvedimenti che non puntino solo a tutelare il mercato ma la stessa biodiversità e l’equilibrio ambientale. In tre anni, secondo un report della rete di monitoraggio BeeNet, la presenza di pesticidi nelle zone apicole italiane è passata dal 50,4% nei prelievi del 2012 al 42,1 del 2013, per poi risalire al 63,6 % nel 2014 contro il 58% in Francia, il 42% in Spagna e una media (dati Greenpeace) del 60 % in Europa.

La battaglia legale a livello europeo

In tutte le colonie di api europee, la mortalità media da avvelenamento e virus è tuttavia scesa dal picco del 7,07% del 2012 al 6,18 del 2013, per poi risalire nel 2014. I rilievi e le analisi hanno confermato che causa delle morti erano i pesticidi in 71 campioni e varie patologie in 23 casi. Nonostante la parziale messa al bando di alcuni insetticidi di sintesi altamente tossici per le api e per altri insetti utili (il cui uso è stato sospeso), la seconda causa di morie e danni permanenti all’apicoltura (dopo il maltempo) resta l’avvelenamento dei campi. «Avviene a macchia di leopardo e non ha raggiunto le drammatiche dimensioni delle stagioni 2007-2008 — sottolinea Giancarlo Naldi, responsabile dell’Osservatorio nazionale sul miele — ma gli avvelenamenti sono ricomparsi sia in zone a seminativo (per lo più mais) del Centronord, sia agrumicole e parafrutticole del Meridione».

Nuovi rischi e un accordo pilota in Emilia Romagna

Di più, ora c’è un nuovo pericolo: le aziende che producono nocciole nel Nord Italia stanno — in seguito al boom dei consumi e al rialzo dei prezzi — impiantando noccioleti in pianura e li trattano con miscele di prodotti come fungicidi e acaricidi «che creano un elemento in più a danno delle api». Ma c’è anche qualche buona notizia: in Emilia Romagna, grazie all’Osservatorio sul miele, si è raggiunta un’intesa fra apicolturi, agricoltori che producono sementi e industria sementiera «per promuovere tecniche compatibili con la vita delle api e garantire l’impollinazione e la produzione delle sementi parallelamente alla vita delle mellifere»: è un esempio importante. Con il ministero dell’Agricoltura, l’Osservatorio sta cercando di trasferire l’accordo a tutte le altre realtà nazionali: un protocollo potrebbe essere firmato già in settembre a Castel San Pietro Terme, in occasione del Concorso Tre Gocce d’Oro, che premia i migliori mieli d’Italia (leggi sfiorando l’icona blu). Il problema dell’uso dei pesticidi sistemici neonicotinoidi (diffusi sia per irrorazione sia nel trattamento preventivo delle sementi ) resta comunque al centro della discussione sulle regole in sede Ue: vanno ripristinate e fatte rispettare le norme più restrittive perché non è possibile che ci sia ancora chi irrora i frutteti di pesticidi senza prima falciare (lo imporrebbe la legge) i prati sottostanti, così da evitare che le api vadano a nutrirsi di fiori avvelenati.

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